1 hai scritto un libro che si intitola ALL’INSEGUIMENTO DEI MALFATTORI sottotitolo storia della motorizzazione della Polizia Italiana, ci puoi dire cosa ti ha spinto a scrivere un libro cosi impegnativo?
La passione. A cinque anni guardavo già molti sceneggiati in bianco e nero in televisione. Tra questi, ve ne era uno, intitolato “Qui Squadra Mobile” ispirato, come diceva il sottotitolo, a “cronache di Polizia giudiziaria”, andato in onda nel 1973. Era la trasposizione sul piccolo schermo di casi realmente accaduti ed ambientato presso la Squadra Mobile della Questura di Roma, i cui dirigenti venivano via via coinvolti. La narrazione era estremamente verosimile e gli attori erano straordinari. I tempi di recitazione erano ancora molto teatrali, ma la suspense non mancava. Ricordo particolarmente il grandissimo Giancarlo Sbragia che impersonava il Capo della Mobile, Antonio Carraro e il suo vice e campo sella Sezione Omicidi Fernando Solmi, al quale dava il volto un attore troppo sottovalutato, Orazio Orlando. Gli alti colleghi erano i capi delle Sezioni Furti, Rapine, Buoncostume, il dirigente di Polizia Scientifica e l’ispettrice di Polizia Femminile che si occupava dei casi a tutela delle donne e dei minori. Nella seconda serie, andata in onda un paio di anni dopo, ancora in bianco e nero, Luigi Vannucchi prese il posto di Giancarlo Sbragia. Appena finito un episodio (furono in tutto dodici) non vedevo l’ora che andasse in onda quello successivo. Non c’erano certo i videoregistratori. E poi c’erano loro: le Giulia grigioverdi delle Volanti, la 1100 R della Femminile, il 1100 T autolaboratorio di Polizia Scientifica ed io riprendevo le loro storie con le mie piccole Giulie della Mebetoys, di cui sono tuttora collezionista. In una intervista di Monica Maggioni all’ex Capo della Polizia Franco Gabrielli ho piacevolmente scoperto che anche la sua vocazione è nata con lo stesso sceneggiato! Inoltre sono collezionista di qualsiasi tipo di modellino, “obsoleto” e moderno riguardante esclusivamente la Polizia italiana.
Nel 2003 avevo già pubblicato un altro libro “Polizia in movimento-Auto e moto dal 1945 ad oggi” che ha rappresentato la prima tappa importante dei primi anni di ricerca e sui registri matricolari dal 1937 (che negli anni ho consultato interamente per ben quattro volte dal 2001 a 2018) che si sono uniti all’archivio fotografico mio e dell’Amministrazione che sono riuscito a reperire presso il Servizio Motorizzazione della P.S. i cui operatori si sono messi a mia completa disposizione. Devo davvero ringraziarli.
Il libro, oltre a riscuotere un grande successo tra gli appassionati, dato che era il primo (e l’unico) mai scritto nel settore, è divenuto un oggetto di culto, assumendo talvolta alte quotazioni nelle vendite dell’usato on-line, anche all’estero. Nel 2017 ho contribuito alla pubblicazione dell’Ufficio Storico – curata dall’allora direttore Dott. Raffaele Camposano – dedicata ai settant’anni dall’istituzione della Polizia Stradale. Già allora era da qualche anno partito il progetto di valorizzazione dell’enorme patrimonio fotografico raccolto dallo stesso Ufficio Storico, per la parte inerente alla motorizzazione. Il risultato è un volume di oltre 500 pagine e contenente circa 850 illustrazioni, la maggior parte delle quali completamente inedite.
2 Quale auto della Polizia ha maggiormente toccato le corde del tuo immaginario?
Non ho dubbi: la Giulia Super 1.6 Biscione con la scritta “Polizia 113-Squadra Volante”. La Pantera che più ha colpito la mia memoria emotiva di bambino.
3 Quale fatto di cronaca nera italiana ti ha più coinvolto emotivamente?
Un fatto sul quale ho letto molto: l’eccidio di Via Fani e il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Ricordo quel giovedì, facevo la quinta elementare. Quello che ho capito dalle tante letture è che, più o meno, le “stragi di Stato” hanno matrici ed intrecci pressoché analoghi. Cambia, a seconda delle necessità, la “mano d’opera” e, di conseguenza, l’etichetta che si vuole attribuire ad ogni fatto: ora di sinistra, ora di destra, ora Cosa nostra e così via. Quella mattina, a Via Fani, nessun elemento, visibile e non, era messo lì a caso. Autovetture e motociclette, abitazioni circostanti, personaggi apparsi, scomparsi e sopraggiunti, più o meno “tempestivamente”. E poi il grande caos sulla scena del crimine, come la chiameremmo oggi, un caos che faceva comodo a molti…
4 Attraverso le pagine del tuo libro si passa da un concetto di auto come mezzo di trasporto a quello di auto come mezzo portatore di valori e memoria: puoi approfondire per noi questo messaggio?
Ti ringrazio di avermelo chiesto, è l’aspetto al quale tengo di più. Se la mia prima opera ha rappresentato un importante punto di partenza, ponendo le basi per un’ulteriore e approfondita ricerca, “All’inseguimento dei malfattori” rappresenta il punto di arrivo. Ho voluto fortemente rendere questa materia viva, unendo l’interessate narrazione legata più strettamente al veicolo di Polizia – come ottica attraverso la quale individuare l’evoluzione socio-culturale del nostro Paese – a quella che io definisco “Storia di Uomini”. Ciò avviene soprattutto per merito dei contributi di importanti personaggi, alcuni dei quali hanno fatto del servizio allo Stato la loro ragione di vita, quali il Prefetto Carmelo Maria Gugliotta, il Dott. Raffaele Camposano e Nicola Longo che ha dedicato la sua vita alla caccia ai malviventi, i più temibili, agendo sotto copertura ed assicurando alla giustizia banditi del calibro si diversi boss della ‘ndrangheta, di esponenti della Banda della Magliana e dei cartelli internazionali della droga, operando anche in America, in cooperazione con la DEA e la CIA. Inoltre, Carmen Spatafora che ha impreziosito l’opera narrando, ancora una volta, le gesta del celebre padre, il brigadiere Armando, gli splendidi disegni di Luigi Fiore e la partecipazione straordinaria del regista Enzo G. Castellari, specialista del genere poliziesco all’italiana, che ci narra le interessantissime tecniche di ripresa nelle scene di inseguimento in auto, grazie anche all’opera di fantastici team di stuntmen.
Ma la materia si fa ancor più viva quando viene elevata a “mezzo della Memoria”. Quando il mezzo, inteso come “veicolo” si fa mezzo, inteso come “strumento” e simbolo di una memoria collettiva nella quale spesso l’immagine di un tragico fatto di cronaca viene spesso legata ad un’automobile. Una per tutte: l’Alfetta bianca della scorta di Aldo Moro. E’ stato per me motivo di grande orgoglio ed emozione ricevere la telefonata di Tina Montinaro – vedova di Antonio, capo scorta di Giovanni Falcone – che mi ringraziava per averle fatto dono di una copia del libro in cui compare la foto della teca mobile contenente i resti della Croma sulla quale viaggiava il marito. Mediante questa, la sua Associazione “Quarto-Savona 15” promuove la cultura della legalità attraverso l’Italia. Sono la gioia e l’orgoglio che solo un messaggio così alto di giustizia da parte di chi ha immolato la propria vita può dare.