
Sei il regista del film gli anni folli della velocità, ci racconti la genesi del film?
La genesi del film è stata lunga e sofferta in alcuni momenti, causa covid. Ma la tranquillità in quei mesi di chiusura totale hanno permesso di lavorare con continuità al progetto, cosa impossibile nella vita frenetica di tutti i giorni in tempi di “normalità”. Questo film è stato un lungo lavoro di recupero, di una storia rimasta racchiusa per 70 anni dentro un fustino di detersivo in una soffitta, con il rischio che nel nuovo millennio il tutto finisse in una discarica e perso per sempre. Per fortuna questo non è successo, è capitato nelle mani giuste e io ho interpretato questo destino come un eredità morale ed ho riportato alla luce una storia incredibile ed affascinante.
C’è un messaggio che si evince nel film che vorresti lanciare ora a parole?
Il film ha un unico messaggio, ricordare come eravamo e un omaggio a tutte le persone che ci hanno preceduto, è una storia dove ognuno di noi può ci può ritrovare, un ricordo collettivo, uno spaccato di società che non c’è più. Non per altro il film è stato giudicato dal Mibact e dall’istituto luce di interesse storico quindi patrimonio della collettività.
Il tuo è un tuffo nel passato, pensi che facendo scoprire il passato possiamo tornare a sperare nel futuro?
Solo guardando indietro, possiamo sperare in un futuro migliore, parlando dei motori chiaramente, il mondo ha fatto anche grandi salti in avanti in certi settori. Mi riconosco più nel ‘900, ai pionieri del “mito della velocità”, ai veri amanti dell’automobile, anche se rischiare la vita per una corsa, come succedeva in passato, è una cosa che ancora non mi riesce facile da comprendere, ma molti di loro erano reduci dalla guerra, alcuni erano aviatori, probabilmente sfidare curve e rettilinei a folli velocità non lo ritenevano così rischioso dopo aver provato le atrocità della guerra.
Ci racconti il tuo rapporto con l’automobile?
Un rapporto di amore ed odio.
Amore nell’infanzia, passata con la mia famiglia dentro un maggiolino, con una piccola parentesi, mio padre che lavorava ai cantieri navali vinse la lotteria del cantiere centrando il primo premio, una Fiat 127 bianca, nuova di fabbrica. E si vendette il suo maggiolino giallo. Ma durò poco , lui che fino dal 1962 aveva posseduto solo maggiolini, il primo un 6 volts bianco con cui fece anche il viaggio di nozze, durò poco senza il suo amato vw, vendette dopo un anno la 127 e comprò di nuovo un maggiolino, pardon, maggiolone, stavolta versione limitata big verde metallizzato del 1973, ancora oggi in famiglia. Cresciuto a 18 anni la mia prima auto fu una Matra Simca Bagheera, soprattutto la prima serie, che risale al 1973,la ritengo un piccolo capolavoro, se originale e non taroccata con alettoni e adesivi Ferrari posticci….Poi negli anni a seguire ho avuto di tutto dalle Aurelia b20 alle 1900 ss, alla Ferrari 250 gt alla Lamborghini Espada, a una rara Villa D’Este a un 1900 cabriolet, girando tutta l’Europa con un carro attrezzi personale , dal 2008 al 2012 tra restauri, recuperi e vendite girai circa 300 auto….ero un po’ un Wen Carini italiano, mettendo per primo piede in posti incredibili, capannoni con auto da sogno, nascosti in punti impensabili. Questo per quanto riguarda l’amore per le auto. L’odio è sopraggiunto quando il sogno si è trasformato in incubo.Lo sbaglio è stato trasformarlo in lavoro, quindi cominciando a fare fiere e conoscere certi personaggi in un mondo di squali e di persone non proprio per bene e quindi la fiaba non è stato a lieto fine. Tornato alle origini quindi alla pura passione, ora cerco di sviluppare con il cinema, questo progetto culturale proprio per parlare e ricordare un mondo in bianco e nero, tra persone per bene e un mondo delle corse che non ha nulla a che fare con quello di oggi. E il film sta ottenendo un grande successo ancor prima di uscire nelle sale.
